Carissimi soci e amici: il mese di novembre ha avuto per tema un aspetto poco esaminato fino a qualche anno fa sulla stampa nei massa media, forse più attratti dalle analoghe vicende italiane: la resistenza civile e pacifica alla dittatura nazista. Abbiamo quindi visto e discusso un recente film, Lettere da Berlino, del 2016, basato su un evento avvenuto in Germania all’indomani dalla disfatta di Stalingrado nel 1943. Gli storici sanno che da lì cominciò veramente la fine del terzo Reich. La vicenda – già ripresa in un’opera minore di Hans Fallada, autore già noto per il romanzo E adesso pover’uomo, sulle vicissitudini dei della classe media durante la grave crisi del ’29 – qui si incentra su una coppia di anziani quasi ormai disillusi del regime, specialmente dopo la morte del loro figlio sul fronte russo, che decidono di inviare lettere di critica e anti nazista via posta per tutte le città tedesche. Coperte dall’anonimato, le lettere imperversarono da tutte le parti e solo un banale errore portò all’identificazione dei mittenti che furono rapidamente giustiziati. Fu un’esperienza di civile disobbedienza che fece onore al popolo tedesco, insieme al sacrificio di Sophie Scholl e di Dietrich Bonhoeffer, senza contare i silenzi significativi di Karl Barth e di Romano Guardini. Chi da intellettuale pentito, fino a diventare uno spavaldo oppositore fu Thomas Mann. Del grande precettore della Germania, del nuovo Novalis, del Goethe redivivo – come amava atteggiarsi specialmente dopo il 1933 – abbiamo poi discusso nel caffè letterario del 23 novembre, insieme a un saggio di Massimo Cacciari su Romano Guardini e l’Europa. Proprio dell’approccio all’Europa e alle prospettive della sua Unione, Mann espose la sua arcinota teoria, che cioè dopo il secolo di confitto mondiale ed una tradizionale Germania alla guida europea, doveva succedere una sola Europa rivolta ad un unico obiettivo. Ma quale doveva essere? Un Europa dei popoli? O un Europa socialista? O forse une Europa delle banche? O peggio un Europa serva dei finanzieri? Guardini e Cacciari invocavano e invocano un Europa dello spirito, un Europa lontana dalla tecniche e delle scienze, come un supplemento d’anima in più dell’attuale. Mann aveva avvertito: una Germania capofila non era più pensabile dopo le guerra civile europea iniziata nel 1914. Utopia quella di Mann? Utopia anche quella di Guardini che voleva un’Europa unita nella speranza della mediazione di Cristo, fra ragione e Fede? Una totalità che fosse un obiettivo comune che tenesse conto dello Spirito come guida allo sviluppo della tecnica e delle scienze, come auspica Cacciari? Forse il 200° anniversario della nascita di Karl Marx e la ripresa del suo pensiero rivoluzionario ci porta a risolvere i dilemmi di poco sopra. Da Utopia ad Utopia? Venerdì 30 abbiamo ricordato Karl Marx a 200 anni dalla nascita. Giuseppe Galletta ci ha dato un quadro molto concreto delle difficoltà di vita del grande filosofo, profeta, marito, e padre fedele, perseguitato per le sue idee rivoluzionarie, esule con la famiglia dalla Germania, alla Francia, al Belgio, fino agli ultimi anni di vita a Londra. Dapprima un hegeliano di ferro, poi un cultore della persona umana sul modello ebraico, infine un seguace di Smith e Ricardo, deciso non solo a vedere il mondo nelle sue quotidiane sfaccettature, ma anche propugnatore di idee sociali ed economiche volte a trasformare la realtà. E sarebbe bene che in sede successiva esaminassimo i rapporti con l’altro nostro grande rivoluzionario, Giuseppe Mazzini, con cui Marx ebbe una difficilissima relazione. Ma veniamo al mese di dicembre. Lo abbiamo iniziato nel segno dell’ecumenismo e del Natale, in armonia agli scorsi anni dove il pastore Andreas Latz e padre Luigi Corciulo hanno pregato con noi per un Natale di fede speranza e carità! L’anno scorso fu la nuova lettura personale di un Lutero aperto al mondo e la cui fede lo avrebbe vinto sicuramente. Oggi la pastora Jutta Sperber ha messo a fuoco il tema dell’Attesa dell’Altro, mentre Luigi ha a evidenziato il valore dell’altro che arriva a rompere le tradizioni umane. Se daremo il giusto valore dell’altro che arriva a rompere le tradizioni umane. Se daremo il giusto valore all’evento. Dio che si fa uomo e che vive nel mondo, senza dimenticare che si è parte di un Regno di Dio, allora il Natale sarà veramente il presupposto di quella Pasqua che ci rinnoverà per sempre. Ma qualche giorno dopo, un tradizionale ricordo, ci ha chiamato, la strana morte di August von Platen a Siracusa. Infatti, l’anno sociale si è concluso con il tradizionale ricordo di August von Platen a 183 anni dalla morte a Siracusa. Rafael Zammitti ha presentato al riguardo un gruppo di sonetti scritti dal poeta esule a Venezia, composti in due occasioni, nel 1825 e nel 1834. I sonetti, sul modello shakesperiano, letti mirabilmente da Bibi Bruschi, di cui alcuni furono revisionati proprio nel 1834, che i critici più recenti, alla luce dei diari pubblicati solo nel 1900, hanno voluto interpretare come messaggi d’aiuto e di dolore per la sempre più evidente omosessualità del poeta. Dopo il decennio passato a Erlangen da assistente del filosofo Schelling, Platen palesò il suo essere particolare, amante platonico delle forme belle maschili. La scandalosa condotta degli anni precedenti, specialmente nel 1818 e 1819 a Würzburg, lo indussero non solo a polemizzare contro la radicata cultura romantica, ma anche a ribadire una versificazione sofisticata, frutto della potente cultura classica, non minore del nostro Leopardi. Tra il 1820 e il 1824 e poi – tolta la parentesi veneziana del 1825 – Platen si dedicò al teatro, mentre subiva le critiche apparentemente bonarie del vecchio Goethe che più volte ne lodava le belle forme, ma che l’avevano stigmatizzato privo di amore. Poi la feroce polemica con Heine e la sua ostracizzazione dal suolo tedesco. Negli anni ’30 peregrinò in Italia e tornò a Venezia, dove revisionò i sonetti, dando alle loro belle forme un contenuto fortemente pessimista, senza però, mai assumere il criticismo cosmico del poeta italiano. La speranza di trovare l’amore corrisposto omoerotico non lo abbandonò mai e proprio nel biennio 1834 – 1835, prima a Napoli, poi in Sicilia, fino a morire a Siracusa, sperò in queste località. Il diario fu il compagno e la spia più fedele delle sue sofferenze psicologiche, divenendo anche la vera opera più importanti della sua travagliata vita quotidiana, quasi un anticipatore dei poeti maledetti del ‘900. Quando trovò un risposta per la sua trista anima? Forse nei 15 giorni finali del novembre del 1835, visto che dal 13, di quel mese non scrisse più, benché vivesse apparentemente in salute per le strade di Siracusa. Poi la settimana del dolore fisico, una morte non ben chiarita, per un morbo forse non solo fisico. Colera? Gastroenterite non curata? Tifo? Oppure l’ennesimo abbandono, di un amante occasionale? Ai posteri l’ardua sentenza…. Intanto il presidente ed il direttivo colgono l’occasione di augurare a tutti i soci ed amici un sereno Natale ed un felice anno nuovo. Arrivederci all’11 gennaio 2019 per la ripresa dei nostri lavori.
Avv. Giuseppe Moscatt
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