Carissimi soci e amici, l’anno in corso sta per terminare ed è tempo di bilanci e previsioni. Sotto il primo profilo, proprio l’ultimo bimestre ci offre l’occasione di un consuntivo abbastanza esaustivo. Infatti, già il 24 novembre Lidia Pizzo ed il sottoscritto hanno ripreso la storia dell’arte del primo novecento. Il nuovo ciclo, già iniziato in ottobre con la premessa metodologica sullo spazio e sul tempo nella cultura scientifica e sociale fra Einstein e Bergson e hanno nel Cubismo, fatto di linee e punti rigidamente contrapposti al colore scintillante del fauvismo e dell’esasperato grido interiore di Munch, la propria ragione d’essere. Kandinsky, Braque e il primo Picasso, ma poi Lyonel Feininger in Germania, attorno al caffè Voltaire di Ginevra, fino alle Bauhaus di Gropius e ai quattro cavalieri dell’arte in movimento – gli stessi Kandinsky, Feininger, ma anche Paul Klee e Alexej von Jawlensky – maestri insuperabili dell’arte moderna, tutti poi marchiati da Goebbels come degenerati. E proprio di tali non onorevoli interferenze ideologiche che prende spunto l’ultimo film visto quest’anno, The woman in gold, del 2015, interpretato magistralmente da Helen Mirren. Il tema nacque già con Goethe: a chi spetta la proprietà di un’opera d’arte? Al committente? Allo Stato che se ne appropria? Oppure allo stesso artista? Goethe la pensava in modo innovativo, perché ipotizzava che le opere d’arte erano patrimonio comune dell’umanità, oggi espressione legata ai beni ambientali. Il film era tratto da una storia vera, dove la committenza era una ricchissima famiglia di ebrei austriaci, l’artista il grande Klimt, lo Stato quello nazista, che fece man bassa di opere d’arte e che in modo ipocrita le rubava per i suoi gerarchi, mentre spediva nei lager quei pochi autori che in buona fede non credevano nelle loro perversioni. Di fronte al contenzioso fra un erede dalla committenza e lo Stato austriaco democratico, vinse la prima e poi l’opera passò al Museo di New York a disposizione di tutti i visitatori, con buona pace di Goethe… In dicembre abbiamo poi ripreso e ristudiato August von Platen, a 180 anni dalla morte a Siracusa. A rinverdire il ricordo, è intervenuto con una splendida relazione Andrea Landolfi, nella particolare angolazione del traduttore di Platen più famoso, Giosuè Carducci. il relatore, dopo aver messo a confronto le rispettive biografie e il reciproco contesto culturale, ha sottolineato come in un punto l’interpretazione di Carducci ha sicuramente rispettato il Platen, cioè nella esaltazione della bellezza morale classica e ha avvertito che le poesie di Carducci tradotte – prime fra tutte la celeberrima Tomba sul Busento – vanno contestualizzate all’interno del neoclassicismo borghese di metà ‘800, al pari del Biedermeier tedesco post romantico. E tuttavia la interessante relazione di Landolfi non scredita la perfetta ricostruzione metrica del Platen, visto che attribuisce valore positivo alla sua rigida metrica, tanto per ribadire la definizione dell’olimpico Goethe, che appunto ne aveva rilevato la fredda bellezza delle forme. Forse la critica novecentesca di Platen e dello stesso Carducci, dopo la parentesi mussoliniana che aveva sopravvalutato il poeta del Nobel, aveva messo da parte il fattore omosessuale del poeta di Ansbach, che invece già negli anni ’30 Thomas Mann aveva riproposto con maggiore acutezza, coraggioso nel riproporlo in epoche di feroci avversioni alle arti degenerate, facendolo diventare più simpatico e più sottilmente un proprio emulo. Ultimo appuntamento dell’anno è stato poi la tradizionale festività di Avvento celebrata con i fratelli Protestanti guidati del Pastore Andreas Latz, ormai divenuto nostra vecchia conoscenza, dopo un anno dedicato ai 500 anni dalla nascita del Luteranesimo. Insieme al nostro Don Luigi Corciulo abbiamo ricordato ben 6 anni di celebrazioni italo- tedesche del Natale, fra canti e dolci germanici, in un crescendo di fraternità che lascia ben sperare il messaggio ecumenico di Papa Francesco dello scorso anno. affinché divenga una cura sincera dei mali e del disagio contemporaneo. E ora veniamo ai saluti. L’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Siracusa, nella persona del suo Presidente e del Direttivo, augura un sentito buon Natale 2017 e un migliore 2018. Arrivederci all’Assemblea programmata del 7 gennaio!
Avv. Giuseppe Moscatt
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