Carissimi soci ed amici, come di consueto per le nostre discussioni, abbiamo deciso di ritrovare un tema che ci accompagnerà tutto l’anno sociale. E dunque abbiamo scelto un evento centrale per l’età moderna e contemporanea, il 500° anniversario della nascita della Riforma Protestante e della conseguente Riforma Cattolica Romana, rifuggendo dunque dal superficiale e fuorviante, ormai risaputo, canone scolastico della c.d Controriforma. Diciamo subito che è in programma un viaggio ecumenico estivo di studi nei luoghi originari del luteranesimo, da Wittemberg a Marburg, fino a Wuerzburg e Ansbach, guidati di nostri amici Padre Luigi Corciulo e il pastore dr. Andrea Latz, responsabile della comunità protestante siciliana. Notizie più dettagliate saranno pubblicate sul nostro portale. Ebbene, già a gennaio, abbiamo avuto l’occasione di rovesciare quel concetto desueto, organizzando un’incontro con i fratelli protestanti in occasione della Settimana Ecumenica (19-12-2017). Ribadendo uno dei rivoluzionari principi conciliari e poi attuando il singolarissimo incontro di settembre scorso coi luterani svedesi; nella cornice della chiesa del S.S. Salvatore, guidato da Padre Luigi e con la presenza del pastore dr. Andreas Latz, responsabile della comunità luterana dalla Sicilia, nonché dalle altre Comunità cristiane della Provincia, abbiamo pregato insieme per la pace e il ritorno dell’unico ovile di tutti i cristiani. Il seguitissimo evento ha rappresentato per le Comunità coinvolte un punto di svolta e un segno di speranza di prossima unità. Nondimeno, un ulteriore evento di pace e di ricordo ci ha ulteriormente interpellati nella nostra coscienza di uomini e di credenti: la giornata della memoria della Shoah.. Di fronte, ad una comunità sgomenta, abbiamo ascoltato il racconto straziante di uno scampato alla strage – Franco Ferrante – e il coro delle vittime di Dachau, frutto delle struggenti voci del coro Giuseppe De Cicco e dalla narratrice Francesca Morale. Al termine di quel dialogo fra parole e musiche, i nostri cuori erano veramente toccati e sicuramente mai avremmo dimenticato quelle orribili vicende, anche se le ultime note di padre Gregor Schwake, autore della Dachau-Messe hanno diffuso un senso di speranza e di pace non lontano dalle preghiere della settimana precedente che rinnegavano le guerre di religione che avevano insanguinato per secoli il suolo europeo. Riaffiorava, però, nelle nostri menti l’eterna domanda mai sopita del perché della Shoah e proprio in quel suolo tedesco patria di Lutero, luogo di quella terribile guerra dei 30 anni, che molti storici giudicano lo spartiacque più doloroso fra la società agraria e la società industriale, i cui postumi nel ‘900 hanno prodotto le diaboliche teoria naziste e comuniste. Una testimonianza del silenzio della cultura tedesca sullo sgomento che avvolgeva la comunità tedesca sconfitta e umiliata dopo due guerre mondiali – forse per molti studiosi un unico evento – è la vicenda del procuratore Fritz Bauer. Di tale colpevole silenzio sulla strana contiguità fra ex nazisti nella Repubblica Federale e nondimeno nella Repubblica Democratica: nella prima veste, perché da giovane avvocato nella Repubblica di Weimar aveva difeso la Repubblica socialista dall’assalto nazista e poi per essere sfuggito anche per le simpatie omosessuali invise a quel regime. Ma è nella seconda veste che lo rivediamo, più che maturo, Procuratore della Repubblica Federale a Francoforte, quando si impegna a ricercare i gerarchi nazisti non solo scampati al giudizio di Norimberga, ma anche divenuti il vertice alla classe dirigente della Repubblica Federale, patria baluardo della nuova Germania contro la Germania Rossa, come se questo fosse sufficiente per coprire la loro adesione a quel Regime che aveva proclamato la strage di tutti gli oppositori e lo sterminio degli ebrei. Fritz Bauer addirittura favorì la cattura di Eichmann da parte del Mossad israeliano e tentò di farlo giudicare proprio in Germania, imbastendo quei processi di Francoforte fra il 1963 e il 1964 che alzeranno il velo sulle responsabilità della classe dirigente dell’epoca. Ma il Muro di Berlino del 1961 e la Guerra Fredda contro l’URSS non poteva essere sconfitta da un giudice socialista e omosessuale. .. I processi da lui preparati si risolsero in condanne lievi, anche se Eichmann – un uomo banale per Hannah Arendt – fu riconosciuto colpevole da Israele e colà impiccato, senza che il governo tedesco se ne preoccupasse più di tanto, lasciando Bauer solo nella sua coscienza di giusto. Lo stato contro Fritz Bauer del 2015 ci pare che abbia lasciato aperto la triste questione della differenza fra giustizia e diritto, visto che la violazione del diritto a volte può produrre quell’atto di giustizia in nome della quale saremmo tutti eguali di fronte alla legge, tanto per richiamare un motto di un nostro Fritz Bauer, vale a dire Piero Calamandrei, che non cessò mai di tuonare contro la tolleranza dello stato italiano di fronte ai malcelati sentimenti neofascisti presenti nella società italiana dalla prima repubblica. A febbraio, Giuseppe Testa, sul palcoscenico del Museo del cinema, ospite graditissimo di Remo Romeo, ci ha presentato la sua ultima fatica, Il caso Macbeth, non solo in occasione del quarto centenario della nascita di Shakespeare, ma anche nel parallelo evento della Riforma Protestante. Sì, perché il retroscena di quel capolavoro teatrale è intimamente legato alle vicende protestanti del Regime di Giacomo I Stuart, re di Scozia, e d’Inghilterra. Regno che vide la connivenza coatta a volte tollerata , a volte turbolenta, fra cattolici, anglicani e puritani. Secondo la tesi principale seguita dall’Autore, il re Giacomo, aveva indotto il Bardo a scrivere una tragedia del potere in modo violento e che il popolo aveva a buona ragione detronizzato. E re Giacomo doveva avere il ruolo del re buono, magari, un taumaturgo mediatore fra cielo e terra. Ma la congiura delle polveri del 5-11-1605, che per un miracolo non fece saltare in aria il re, la famiglia reale e il parlamento, fece saltare i nervi al re a e agli anglicani, i protestanti laici e fedeli alla corona, che l’avo Enrico ottavo aveva posto al vertice della chiesa inglese in rottura col vaticano più di mezzo secolo prima. L’irrigidimento del re, le sue leggi speciali antidemocratiche e impopolari contro gesuiti e puritani, la caccia alle streghe e un clima analogo a quello dell’11 settembre 2001, spinsero Shakespeare ad andare oltre il mandato iniziale. Macbeth divenne il caso di tiranno senza giustificazioni, il tiranno per eccellenza cui mancava ogni mediazione coi sudditi, in spregio alle tradizionali libertà parlamentari inglesi. La prima rivoluzione europea era alle porte e la borghesia protestante vincerà fra non molto. Il libro di Giuseppe Testa va dunque meditato pagina per pagina anche sulla nostra realtà attuale, dove i nostri mezzi di comunicazione di massa non possono non risentire dei mutamenti del potere e delle sue prepotenti direttive. Tentacoli del potere che rinveniamo nelle nostre ultime tematiche di febbraio, suggerite e benissimo esposte dal nostro socio Salvador Rojas che non cesseremo mai di ringraziare per la dovizia dei particolari biografici presenti nella sua seguita conversazione. Il film, Il mio amico Einstein, ha fornito un significativo squarcio della vita e delle opere di Albert Einstein, centrato sul rapporto scientifico e umano con il quacchero Stanley Eddington, un famoso astronomo che proverà in modo irrefutabile la teoria generale della relatività. Ciò che però ci piace sottolineare di Einstein è la vita di esule in terra: ebreo, incompreso negli studi, indecifrabile nei suoi teoremi, pacifista in politica, padre e marito difficile. Un uomo solo, che però ebbe per amico un altro estraneo al mondo di allora, proprio quel quacchero che aveva trovato a Cambridge una sola copia dello scritto sulla teoria ristretta della relatività. Un carteggio fra i due ci ha rivelato come due geni possono capirsi e darsi una mano in un mondo di falsi solidali e di guerrafondai che si illudono di amarsi, come ebbe a provare lo stesso Einstein nel suo vivere in famiglia, dove i due amori della sua vita, Mileva e la cugina Elsa, non lo compresero mai fino in fondo. Forse oggi ci vorrebbe una globalizzazione della cultura per salvare il mondo come fu per Galilei e Cartesio, per Newton e Leibnitz, per Eddington e Einstein; ma anche per Bauer e Calamandrei. Piuttosto ci pare che avesse ragione Heine quando si pose a paragonare Shakespeare e Goethe. Il poeta romantico ritrovò nei due grandi geni due uomini che vissero fino alla morte in conflitto col mondo quotidiano che li opprimeva. Tutti costoro non persero mai quel senso di inquietudine demoniaca dentro loro stessi. E se invece la loro lotta interiore non fosse patologica ma fisiologica proprio perché uomini? Questo rilevava Freud a Einstein in un altro famoso carteggio, che sarebbe il caso un giorno di riprendere. Intanto a fine mese ritorneremo con Stefano Ferrari proprio su Freud, un altro graditissimo ritorno.
Avv. Giuseppe Moscatt
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