Carissimi soci e amici, il mese di aprile ha visto la programmazione di quattro incontri e l’esecuzione, purtroppo, di soli tre di loro. Infatti, raccogliendo l’invito della cara amica Vincenza Giuffrida, presidente del circolo culturale di Zane, avevamo pensato di ricordare due scrittori contemporanei molto vicini far loro nel vortice letterario dello scorso secolo: Elio Vittorini e Günter Grass, l’uno siracusano di nascita, morto nel 1966; l’altro nato a Danzica, morto a Berlino nel 2015. Le loro analogie e differenze, nel quadro degli scopi della nostra Associazione, ci sembrano emblematiche. Ma ostacoli tecnici ci hanno impedito l’evento, che tuttavia contiamo di ripetere a breve, soprattutto per sottolineare come l’essere critici del pensiero unico, delle concezioni dominanti della letteratura e della politica, era nel loro DNA e lo è nel Nostro. DNA che abbiamo pure ritrovato nell’evento più prestigioso del mese, la lezione di storia di Adriano Prosperi. Presentando uno dei suoi ultimi volumi, sul diritto penale e la pena di morte vista dalla cultura cattolica e protestante nell’età moderna, lo storico pisano ha iniziato distinguendo fra giustizia, vendetta e riconciliazione cristiana. Poi ha commentato la dottrina di Agostino e Tommaso sul non uccidere e sulle interpretazioni paoline. Sottolineando la differenza fra legge del perdono e la scelta politica della vendetta e il diritto di uccidere nelle città terrene; Prosperi ha quindi incentrato la Sua relazione sull’Inquisizione Romana, dove la severità del magistrato civile doveva essere mitigata dal principio della temperanza cristiana. Nacquero intrecci fra lo Stato e la Chiesa e non poche credenze popolari, come la paura del ritorno vendicativo fin dal patibolo dei morti giustiziati per loro invidia dei vivi. Inoltre, i suicidi, la loro disperazione per la mancata sepoltura, la pratica laica del conforto e la figura sociale delle Confraternite della buona morte. E nell’Europa cattolica la pratica perdonista dei Gesuiti, la loro casuistica, cioè la distinzione delle colpe in mortali e in veniali, produsse quella diffusa ideologia condonista che tanto ha avuto effetto nel diritto penale odierno. Prosperi ha insistito sul tema che la radicale corruzione dell’uomo poteva essere rimossa soltanto dalla possibilità di affidarsi alla giustificazione dei peccatori frutto della morte in croce di Cristo. Per cui la necessità della confessione con un pastore che provava il pentimento del reo con la speranza di non essere puniti nell’altro mondo. Infine la figura del boia e la rivoluzione di Cesare Beccaria, fino alle ultime esecuzioni del Papa Re nella Roma liberale di metà ‘800. Un affresco michelangiolesco con sguardi degni di un Dürer, una spettacolare descrizione di un’epoca moderna che lascia i segni fino ad oggi, nel solco di una storiografia che spiega le altre contraddizioni della società europea alla luce delle mediazioni culturali nate fra Roma e la Germania fra il ‘400 e l’800. Nondimeno, il terzo appuntamento del mese, in comunione con gli amici musicofili della Fondazione Guardo (ex Agimus) ha visto l’acuta ed indimenticabile presenza di Teresa Procaccini, fonte vivente della storia della musica contemporanea. Ghettizata perché compositrice donna, guardata come un mostro perché critica degli eccessi politicizzati dell’essere non aderente alla nuova musica e oltre, soprattutto di non avere cantato nel coro degli amici di Adorno e delle sue esagerate letture della musica contemporanea. Piuttosto, Teresa è rimasta fedele alla scuola italiana non operistica e dunque legata alle origini della musica classica strumentale, da Boccherini a Vivaldi e del romanticismo italiano non verdiano, da Bottesini a Pacini, fino a Casella, Rota e Morricone. Teresa ha insegnato composizione e ha composto per tutti gli strumenti più di 200 brani musicali! Una conferenza concerto indimenticabile: la Sua storia è di lotta contro la congiura dei poteri forti e la Sua vittoria è Una vita per la musica, come recita il titolo della Sua splendida biografia. Ultima iniziativa, ma non di minore importanza, il secondo caffè artistico sull’espressionismo tedesco, fra le scuole del Cavaliere azzurro e quello del Ponte, sviluppatesi nei primi anni del ‘900. Guidati dalle pacate e interessanti annotazioni di Rafael Zammitti, abbiamo cavalcato un numero di dipinti da Kandinskij a Marc, da Klee a Macke, tutti figli d’arte di van Gogh e Munch espressionisti ante litteram, fautori di un modo di dipingere con la tempesta nell’animo e che consideravano la tavolozza il campo di battaglia del loro io. Il passo alla pittura astratta fu breve, pur passando dalle strettoie delle Secessioni e superando, in breve, la veloce stagione del ritorno all’ordine e al realismo magico, tutte tendenze soffocate dal nazifascismo totalitario e dagli orrori della Shoah. Sulle Secessioni torneremo fra breve e sulla Nuova Oggettività dovremo riaprire un file già visto nello scorso agosto.
Avv. Giuseppe Moscatt
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