Carissimi amici, il mese in corso ha visto per protagonista Friedrich Nietzsche, gigante della filosofia europea. Abbiamo scelto, però, tre momenti della sua vita che ne determinarono il pensiero: le sue poesie, la sua tragica storia d’amore per Lou von Salomé, la sua prima opera. Cominciando proprio da quest’ultima, un nostro caro precedente relatore, il filologo classico Giovanni Ghiselli – per inciso, il blog da Lui diretto è pieno di interventi che vi consigliamo di leggere! – ha esposto un capillare commento dei 25 capitoli del saggio, notoriamente infarcito di principi alternativi nella filosofia idealista dell’epoca, dove Schopenhauer e Wagner avevano picconato la stanche ed ambigue proposte dell’Hegelismo statolatrico di Bismarck. Qui, il pensiero originale di Nietzsche, prettamente legato ai motivi innovatori della scienza filologica, si mostra imponente: la rinascita del mito presocratico; la dualità estetica dionisica e apollinea: la violenta accusa al teatro euripedeo di essere un borghese palcoscenico di esclusivi conflitti razionali; di avere ritrovato insomma nel teatro nella cultura alessandrina del secondo secolo avanti Cristo il filisteo conformismo culturale che dominerà nell’800 germanico, tanto da aver seppellito l’ansia di rinnovamento della cultura dopo Lessing, Goethe e Schiller. In verità, il giovane Nietzsche aveva individuato nella società di Fichte, Schelling ed Hegel, un mostruoso intreccio conservatore che stava soffocando la natura umana, all’insegna della fredda ragione calcolatrice che aveva intrappolato il vecchio Goethe, per di più decadente, ormai deluso dalla cultura del gregge, molto utile, ai politici guerrafondai e ai capitalisti. Socrate e il platonismo; san Paolo e Hegel, perfino Lutero, e Darwin, sembravano a Nietzsche campioni di quel mondo statico di valori ipocriti che sentiva sempre di più opprimere se stesso e gli aristocratici geni della potenza umana, ormai per lui ineluttabilmente condannati a morire. Né la presunta Grecia classica e la ricerca di quella cultura gli sembrava la via più opportuna da ripercorrere. La vittoria definitiva di Apollo, misura tutte le cose, quell’armonia troppo umana da sogno quasi erotica, che aveva annichilito la filologia tradizionale, gli apparivano un pericolo vicino e ineluttabile. La morte del Dioniso di radice eschilea, dopo i trionfi dell’età attica – il 6° secolo di Eraclite, Empedocle e Anasismandro – erano per Lui di valore esiziale per il vero momento di sviluppo dell’uomo, quando la morale non doveva essere più la logica del gregge e del demiurgo che lo governava. Quando un decennio dopo teorizzò la morte di Dio, allora già la morte di Dionisio gli divenne più chiara. La vittoria di Apollo è la vittoria della decadenza, anche quando Wagner fonda Bayreuth, ma anche quando Ludwig di Baviera viene sostituito dal prussiano von Bismarck alla guida del popolo tedesco. E i suoi tre canoni di pensiero – la volontà di potenza, il superuomo, l’Eterno ritorno – già riposavano quieti fra le righe del suo profetico seggio filologico, prima di diventare la filosofia della Gaia scienza, e poi la poesia del Così parlò Zarathustra. Giovanni Ghiselli mirabilmente ci ha disegnato la caratteristica più evidente delle proteiforme fiamma che è Nietzsche, la volontà di potenza positiva dirompente di Dioniso che accende la vita di tutti i giorn; un irrazionale effluvio di libertà individuale e di senso critico che oggi ancora ci può essere utile per superare il vizio della menzogna, il rischio dello scientismo dilagante, la grande paura del pensiero unico che si insinua subdolamente fra Noi. Non solo: il controverso film della Cavani Al di là del bene e del male ci ha mostrato come il povero Fritz cadde nella sottile rete della più famosa – in senso latino, si badi … – donna dell’epoca, Lou von Salomé. Madre del nascente femminismo, lo irretì a tal punto da anticipare la caduta del suo spirito libero nella più avvilente dipendenza d’amore. Fritz, però, fu anche vittima della sorella Elizabeth, che lo raccolse dalla vita raminga da folle, lo assistette fino alla morte ad appena 56 anni, ma che maliziosamente alterò il suo pensiero danzante, manipolando buona parte dei suo scritti, allo scopo di fornire all’ideologia nazista un padre fondatore, Lui che aveva creduto nella libertà e nell’uguaglianza di Schiller, nel cosmopolitismo di Goethe, nel rifiuto esplicito dell’antisemitismo, nell’avere criticato chiaramente il popolo tedesco che non voleva accettare l’Europa, ma che piuttosto voleva sottometterla. Certamente, la sua concezione di pensiero fu coerente, ma questo è proprio di chi non riesce mai a separare vita e fede, pensiero e azione, Dioniso e Apollo, appunto! E questo ambivalente ondeggiare, anzi questa danza scomposta, questo zoppicare come Edipo per comprendere ogni cosa del mondo, traspare nella sua produzione più complessa, le poesie di Messina, Gli Idilli. Paolo Sirena ne ha dato un esauriente saggio nel caffè letterario, spulciandone i significati in linea con il pensiero morale del Sassone folle, come lo definì Thomas Mann. E si può dire che tutta la cultura espressionista del ‘900 gli fu debitrice. Sarà proprio questo profilo il punto di partenza del prossimo mese. Ma anche la tappa di arrivo con la tragedia dell’olocausto che solo un pensiero teoricamente debole, come quello di Nietzsche, poteva adombrare.
Avv. Giuseppe Moscatt
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