Volker Hoffmann (München)
Un libro macrobiotico (Hufeland 1796) ed un libro gastrosofico (von Rumohr 1822) come base antropologica della letteratura Goethiana
(Conferenza tenuta il 31 maggio 2015 a Siracusa)
I letterati dell’ epoca Goethiana hanno studiato intensamente Kant e Fichte, una lettura difficile per loro ed alcuni sono finiti in crisi provocata dalla lettura di questi testi astratti che hanno malinteso come perdita della natura, se non della realtà. Ma non dimentichiamo che in quell’ epoca esiste un altro tipo di filosofia più concreta, la cosidetta „Popularphilosophie“, filosofia popolare, curata da molti scrittori ben eruditi dell’ illuminismo. Nella mia conferenza dimostrerò che questa filosofia non è meno importante per la letteratura Goethiana della filosofia idealistica contemporanea. Scelgo due esempi di questi filosofi popolari, il medico Hufeland colla sua Macrobiotica e von Rumohr, specialista per l’arte, storia ed economia italiana col suo libro gastrosofico Geist der Kochkunst, Lo spirito dell’arte culinaria. Il titolo di Rumohr dimostra che l’autore non vuol dare singole ricette, ma è interessato, come Hufeland, a dare regole e principi del „recte vivendi“.
Christoph Wilhelm Hufeland è uno dei molti medici-filosofi nell’ illuminismo. Nato nel 1762 nella provincia di Thuringa, studia a Göttingen dai famosi Lichtenberg e Blumenbach e a soli 21 anni è costretto ad assumere lo studio medico del padre a Weimar. Qui nelle vicinanze di Wieland, Goethe e Herder, Hufeland sviluppa le sue qualità di medico e letterato. Dagli anni Ottanta lavora sul tema Macrobiotica che fa conoscere attraverso conferenze molto stimate a Weimar. Diventa professore all’ Università di Jena, più tardi di Berlino, dove fa anche il medico alla corte Prussiana. Dopo una attività pratica molto vasta all’ ospedale della Charité e tante pubblicazioni in ginecologia e medicina sociale muore nel 1836 a Berlino.
Dopo anni di preparazione Hufeland pubblicò nel 1796 a Jena, città universitaria del ducato di Weimar, il suo libro Die Kunst das menschliche Leben zu verlängern, L’arte di prolungare la vita umana.1 Ci sono subito traduzioni italiane, Pavia 1798, Venezia 1799. Nella terza edizione del originale, Berlino 1805, il titolo viene modificato, ricevendo l’aggiunta attraente di Macrobiotica o l’arte di prolungare la vita umana che rimane in tutte le edizioni che seguiranno. La quinta del 1823 è l’ultima che vede ancora Hufeland, la ottava è del 1860. Fino ad oggi c’è una marea di edizioni, spesso rivedute e modernizzate da editori diversi, tanti medici. Citerò la quinta edizione del 1823, l’ultima che Hufeland poteva ancora modificare .2
Come ogni trattato accademico dell’ illuminismo e dell’ epoca Goethiana la Macrobiotica di Hufeland è divisa in una parte teoretica che pone i fondamenti ed in una parte pratica che porta le applicazioni alla teoria. La teoria viene offerta nella forma di nove conferenze che senz’ altro il professore aveva già provato davanti al suo pubblico a Weimar e Jena. La parte pratica contiene una prima sezione negativa I mezzi per accorciare la vita ed una seconda sezione positiva più ampia I mezzi per prolungare la vita. Nel centro della teoria di Hufeland c’è la forza vitale, die „Lebenskraft“ dell’ organismo, una entità un pò nebulosa e misteriosa, ma cara ai medici ed ai poeti dell’ epoca, che viene chiamata non senza ragione „Sturm und Drang“ o epoca del genio. Questo „élan vital“ muove la macchina del nostro organismo su tutti i livelli, cominciando dalla nostra base fisica anorganica ed organica fino alle nostre capacità intellettuali e morali. Questa macchina vitale funziona su tutti questi livelli come una macchina del „Input“ e del „Output“ tra consumo della forza vitale e restituzione o rigenerazione di questa forza. Tre punti garantiscono la lunga durata della vita: il rinforzo degli organi e della forza vitale, il ritardo del consumo della forza vitale e lo sviluppo della sua rigenerazione. Come nella dietetica antica questa macchina vitale deve funzionare in modo non troppo esagerato, ma moderato, altrimenti non raggiunge la sua méta macrobiotica. Conoscete tutti la „aurea mediocritas“ di Orazio come regola per una vita equlibrata e perciò lunga. Sulla parte positiva e rigenerativa di questo processo ci sono gli amici della vita come luce, calore. aria ed acqua, sul livello psichico anche serenità e contentezza, sulla parte opposta ci sono i nemici della vita come freddo, malattie, veleno e tutti i malumori, vizi e passioni negative.
Come nella dietetica antica e rinascimentale, una norma centrale per vivere bene vale anche per la Macrobiotica di Hufeland: vivere secondo la natura anche se questo concetto „natura“ può essere un valore molto ambiguo. Hufeland rifiuta decisamente le cure magiche e miracolose del suo tempo ed i farmaci sofisticati, i globuli con l’oro, i sali astrali ed ariosi, i letti celesti, le cure magnetiche, fa invece propaganda per i mezzi naturali. Ecco un primo esempio che i consigli di Hufeland hanno fatto effetto nella letteratura Goethiana. Lo stesso Goethe ha sentito le conferenze sulla macrobiotica di Hufeland a Weimar e se ne è ricordato quando ha scritto a Roma nel 1788 la scena della „cucina delle streghe“ nel Faust.
FAUST. Io ho schifo di questi pazzi arredi e queste stregherie. Che salute puoi tu promettermi fra sì fatta congeria di frenesie e di sozzure? Ho io bisogno del consiglio di una femmina decrepita? e potrà una sudicia broda levarmi di dosso trent’anni? Oh, me misero se tu non sai altro partito! Io sono già fuori di speranza. Non può la natura provvedere, o nessun genio ha trovato un farmaco contra la vecchiaia.
MEFISTOFELE. Tu torni al tuo senno! Sì veramente, vi è un modo naturale di ringiovanire, ma leggesi in altro libro, ed è uno strano capitolo.
FAUST. Io vo’ saperlo.
MEFISTOFELE. Or bene: egli è un modo che non richiede né oro, né medico, né incantesimi. Esci lesto alla campagna; datti a zappare e a spaccar legne: contieni te e il tuo animo dentro la siepe del tuo podere; usa cibi semplici e parchi; vivi fra le bestie come bestia, e non avere a sdegno d’ingrassare tu stesso il solco che mieti. In questa guisa, credi a me, tu durerai giovane sino agli ottant’anni.
FAUST. Io non sono avvezzo a simil cosa: né mai saprei indurmi a torre la zappa in mano. Un vivere stretto e uniforme non va alla mia natura.
MEFISTOFELE. E perciò proprio questa vecchiaccia!
(Faust, versi 2337–2365, traduzione G. Scalvini))
L’altro libro col suo strano capitolo che offre Mefistofele al vecchio Faust è il libro della natura, più concreto la Macrobiotica di Hufeland. Basta leggere cosa consiglia il medico macrobiotico agli scienziati ed a chi che lavora colla testa per ringiovanire sul livello fisico, intellettuale e morale.
Certo, non ci sarebbero tutte le consequenze tristi di una vita seduta nelle biblioteche e del lavoro col cervello se un tal uomo prendesse la zappa in mano ogni giorno per qualche ora e lavorasse nel suo campo o nel suo giardino. Tali lavori rusticali ristabilirebbero l’equilibrio tra corpo ed anima. Il movimento nell’aria pura ed il buon umore farebbero un ringiovanimento ed una rigenerazione della sua forza vitale che sarebbe di grande effetto per la durata e la fortuna della sua vita. (Hufeland II B/9, p. 188f.)
Chiaro che lo spirito seduttore Mefistofele non fa sul serio propaganda per la medicina naturale e per il lavoro manuale, è pura ironia, ed infatti Faust finisce nelle mani delle streghe colle cure magiche.
Lo studio della Macrobiotica non serve soltanto come fonte positiva di testi letterari ma anche come contrasto che può dare un profilo più chiaro all’ideologia poetica del tempo. Le differenze tra la Macrobiotica di Hufeland e la letteratura del genio nell’ epoca Goethiana sono ovvie. Hufeland non pu
i﷽﷽﷽﷽﷽﷽﷽tensa e noiosa. Non *e di Lichtenberg parla della inoculazione precoce della vecchiaia dei iono giovani o diventanno cò immaginarsi una vecchiaia sana e lunga senz’ essere sposato e senza famiglia. Basta guardare il dramma di Faust per capire la differenza totale: il genio come Faust è la morte della donna e della famiglia. Il genio conosce una vita erotica, ma rimane una macchina celibataria a vita. Hufeland ha osato spedire la sua Macrobiotica ad Immanuel Kant, un esemplare vivo del contrario. Kant nel 1796 era stravecchio, ma mai sposato, era uno scapolo noto, „ein eingefleischter Junggeselle oder Hagestolz“. È evidente che lo stesso Kant nella sua Antropologia dal punto di vista pragmatico ha rifiutato la combinazione di Hufeland tra macrobiotica e matrimonio.
L’altro punto di divergenza tra Hufeland e la letteratura del genio è l’ideale della „aurea mediocritas“. Per raggiungere una vita lunga la macchina vitale non deve correre troppo forte, non deve essere troppo esagerata ed espansiva, la durata e l’estensione della vita è ostile all’intensità della vita.
La media in tutte le cose, nel clima, nello stato sociale, nella salute, nei temperamenti, nella costituzione fisica, nella nutrizione, nelle attività, negli impegni intellettuali, ecco il mistero per diventare vecchio. Tutti gli estremi impediscono di diventare vecchio. (Hufeland I/6, p. 163)
È chiaro che i giovani letterati dell’epoca preferiscono una vita corta ad una vita lunga, una microbiotica intensa di alta qualità ad una macrobiotica noiosa. Anche Leopardi che conosceva bene la Macrobiotica di Hufeland, condivide questa critica dei geni letterati a Hufeland. Per i letterati la qualità conta, non la quantità, „multum, non multa“, anche se questo è combinato col rischio della vita. Non è un caso che molti geni muoiono giovani o invecchiano come Faust e Peter Schlemihl troppo presto. Il medico Hufeland conosce questa malattia dei giovani geniali, con un termine di Lichtenberg parla di „inoculazione (vaccinazione) precoce della vecchiaia“ nei tempi moderni.3
Un altro punto che dimostra Hufeland come medico che fa la diagnosi critica dell’ epoca del genio è la sessualità. Il colmo della forza vitale è per Hufeland la forza sessuale, il seme maschile. Ecco la ragione per cui questa forza preziosa, ma anche disastrosa deve essere frenata e moderata nel matrimonio. Ogni abuso in questo punto ha conseguenze molto negative. La medicina del tardo illuminismo ha scoperto l’onania come malattia grave e vizio mortale . Per Hufeland ed i suoi colleghi l’onania è lo spreco della forza vitale più concentrata. D’altra parte l’onanismo è la forma più adeguata al genio celibe per esprimere la sua sessualità narcisistica. Mefistofele nella scena „Wald und Höhle“ , „Selva e Spelonca“, commenta sarcasticamente questo atteggiamento del genio Faust. Ma i medici, più tardi anche i preti, vedono soltanto la parte negativa dell’onania. Sentiamo Hufeland:
Nessuna perdita di liquidi ed energie indebolisce la forza vitale in tal modo come lo spreco del seme. Il suo risparmio stimola la vita ed il benessere, la mancanza di questo liquido prezioso provoca il „taedium vitae“ fino all’ esaurimento totale e al suicidio. (Hufeland I/8, p. 219f.)
Questo moralismo non impedisce a Hufeland di fare diagnosi perspicaci che ci possono servire per caratterizzare le figure nei testi letterari dell’epoca. Come Herder e tanti altri scrittori Hufeland vede l’uomo come una creatura di mezzo tra natura e cielo, tra bestia ed angelo, che ha il dovere di intermediare tra la parte fisica e la parte intellettuale e morale. Di conseguenza Hufeland non conosce soltanto una onania carnale, ma anche una onania spirituale che non è meno pericolosa.
C’è ancora un altro tipo di onania che vorrei chiamare onania spirituale che va senza nessuna partecipazione del corpo, ma finisce come l’onania fisica in un esaurimento totale. Uno riempie e riscalda la sua fantasia con immagini lubriche e libidinose. È una febbre stimolante senza sosta che non porta mai soddisfazione. … Si trova dai vecchi impotenti che non pensano che questo tipo di onania non è meno dannosa, si trova dai religiosi che usano questa onania spirituale sotto il mantello della devozione fervida e degli incanti religiosi e non da dimenticare si trova da donne che leggono i romanzi moderni sentimentali.
(Hufeland IIA/2, p. 39f.)
La diagnosi di Hufeland della onania spirituale aiuta a capire la figura di Elvire nella novella Der Findling di Heinrich von Kleist. Lei nonostante sia sposata rimane insoddisfatta dal suo vecchio marito, diventa una isterica ipersensibile. Nella sua stanza da letto fa di nascosto un culto molto erotico. Prega ogni sera svestita nuda davanti ad un altare coll’immagine dell’amico morto in gioventù. Nonostante la spiritualità superficiale di questo rapporto necrofilo Elvire è aperta per gli inganni del seduttore bis, questa volta sessuale e brutale. Il narratore della novella non ha l’occhio diagnostico del medico Hufeland, Elvire per lui rimane una donna innocente e pura. Ma la fine della novella – nessuna figura sopravvive – dimostra le conseguenze mortali di questa onania spirituale.
Nella seconda parte della mia conferenza tratto il libro gastrosofico di von Rumohr che la sua editrice moderna Yvonne Dilk chiama non senza ragione una „diätetische Lebenskunstlehre“, un trattato dietetico per imparare a vivere bene. Come Hufeland von Rumohr è orientato verso la teoria, lui vuol introdurre ai fondamenti dell’arte culinaria e alle sue implicazioni sanitarie, morali, economiche e politiche. La famosa frase „der Mensch ist nichts anderes als er ißt“, „l’uomo è nient’ altro che quello che mangia“ risale a von Rumohr e sottolinea l’importanza antropologica dell’arte culinaria.
Carl Friedrich von Rumohr, nato nel 1785 in Sassonia, studia come Hufeland a Göttingen. Come erede di una proprietà in Holstein diventa indipendente con i soldi e fa molti viaggi tra Holstein, le corti di Dresda e Monaco e sopratutto in Italia. Studia la letterature, l’arte e l’ economia del Paese e scrive parecchi libri su questi temi. Nel 1822 publica sotto il nome del suo cuoco Joseph König da Cotta, editore di Goethe e Schiller, il suo Spirito dell’arte culinaria, nel 1832, anno della morte di Goethe, esce la seconda edizione.4 Edizioni moderne di valore sono da Carl Georg von Maassen (1923), noto ricercatore di E. T. A. Hoffmann, e di Wolfgang Koeppen (1966), grande gastrosofo anche lui, che conoscete come autore di Morte a Roma. Yvonne Dilk ha pubblicato un Reprint del libro (2005). Rumohr e il suo cuoco König hanno anche ospitato in Toscana per qualche mese il conte ben conosciuto a Siracusa August von Platen, altro esule omosessuale in Italia, ma il giovane poeta era troppo inquieto e prepotente per l’epicureo Rumohr e la sua cucina. – Negli ultimi anni della sua vita von Rumohr si dedica alla sua collezione di opere d’arte, muore nel 1843 a Dresda.
Lo Spirito dell’arte culinaria ha quattro parti: Elementi dell’arte culinaria (4 capitoli), alimentari provenienti dagli animali (14 capitoli), alimentari e spezie provenienti dalle piante (13 capitoli) e sei capitoli sul mangiare. Ci sono tanti punti di riferimento colla letteratura Goethiana, ne scelgo soltanto due, il romanzo di formazione, den „Bildungsroman“, ed il genio come tipo solitario e narcisistico.
Il protagonista del romanzo di formazione è un giovane maschio. Per giovani maschi scrive Rumohr la sua introduzione nell’arte culinaria. Le donne non sono totalmente escluse come lettrici, ma loro non possono soddisfare le pretese severe del maestro. Rumohr critica la cucina delle donne:
Alle donne in cucina manca la profonda conoscenza dei fondamenti dell’arte culinaria. Loro seguono tutte le mode e bizarerie e non hanno un sistema nei concetti gastrosofi. Manca la voglia e l’entusiasmo di cucinare. Peggio, sono testarde, non vogliono imparare ed abbandonare le loro tradizioni. Tante volte ho provato a insegnare e migliorare le cuoche tedesche, ma invano. Potevo dire e sgridare come volevo, ogni cucina delle donne tedesche somigliava, quando io passava di mattino, a un lavandino. Le erbe e l’insalata nuotavano in pentole piene di acqua, la carne, l’arrosto ed i pesci si scioglievano nell’acqua fredda o tiepida. (Rumohr II/13, p. 138f.)
Le donne non hanno seguito la scuola di Rumohr. Lui si rivolge ai giovani maschi e questi alunni devono fare una scuola molto severa.
Chi vuol dedicarsi all’arte culinaria deve abituarsi dalla prima gioventù all’ordine, alla pulizia, alla puntualità. Vietata la lettura di romanzi sentimentali. Se vuol formarsi il giovane deve fare scienze, storia, matematica. Così allena il cervello, rinforza la memoria, impara tutto quello che è utile per l’arte culinaria. E per finire, deve leggere il mio libro e nient’altro che il mio libro.
(Rumohr II/13, p. 157)
Von Rumohr si offre ai giovani come maestro esclusivo. Conosciamo già la polemica contra i romanzi moderni sentimentali di Hufeland. Rumohr segue anche in un altro punto Hufeland, la norma della natura deve regolare tutto. Dà come consiglio ai giovani cuochi: sviluppate da ogni prodotto alimentare il suo carattere naturale. Vietate le sofisticazioni, i dolci raffinati, le combinazioni cercate! Una cucina chiara e pura come la cucina italiana è l’ideale per Rumohr, lui ha tante riserve contra la cucina francese. Si vede dalla rivoluzione francese che conseguenze fatali ha avuto la cucina francese, troppo pesante e artificiale. – Anche per gli studenti tedeschi c’è poco da sperare, mangiano lo „Studentenfutter“(mangime per studenti) come cavalli ed amano troppo i dolci che sono l’inizio della decadenza.
La riserva contra la cultura francese è tipica per la letteratura moderna tedesca, i geni originari si trovano, come ci insegna Madame de Stael, in Germania ed in Inghilterra, non nella Francia decadente. Ma per un culinario che ha esperienza colla cucina Italiana è difficile simpatizzare con l’Inghilterra. Rumohr trova nella cucina inglese soltanto un pasto di suo gusto, ma questa volta ad altissimo livello, l’arrosto al fuoco aperto che per lui è l’arrosto omerico redivivo. Come lo descrive con tanto entusiasmo è chiaro che lui lo descrive come un genio originario narcisistico che fa tutto da se senza nessun aiuto estraneo. Sentite le frasi entusiasmanti di Rumohr:
Fuori i profani, né sughetti né sale all’ inizio di questo processo! La carne dev’ essere totalmente asciutta ed il fuoco dev’ essere da legna selezionata, di prevalenza di fago. La carne è da girare nello stato assolutamente asciutto fino che la superficie fa una crosta. Dove si spacca è utile chiudere la ferita con un pò di burro, ma non deve gocciolare. La carne così ben curata respira un sudore leggero di una sostanza raffinata, saporita e digeribile, che la chimica moderna nomina con una parola Omerica „osmazoma“. A questo sudore si aggiunge dopo due, tre volte il sale fino. Chi sala troppo presto perde la preziosissima sostanza osmazoma. …
Un arrosto buono deve gonfiarsi, tutte le fibre tese, la superficie croccante, ma l’interno tenero, facile da tagliare e da mangiare. Al primo taglio tutta la pentola si riempie di sugo. Un tal arrosto eroico non ha bisogno né di burro riscaldato né di sugo artificiale, segni di un gusto corrotto. Ancora un punto importante. L’arrosto è da togliere dallo spiedo all’ attimo giusto prima che cali, metta le rughe o asciughi. Ma non c’è una regola fissa per togliere la carne, tutto dipende dalla grandezza, dal tipo e dallo stagionamento della carne – e dagli occhi del cuoco.
(Rumohr I/5, p. 33–35)
Non ci sono regole, questo è il programma dell’ epoca del giovane Goethe. Il genio originario non segue gli ordini degli altri, è autarca, crea come Dio tutto da se senza nessun influsso da fuori. È come la carne selezionata che gira allo spiedo e sviluppa il suo sughetto ed aroma misterioso dentro di sè. Anche l’attimo giusto per reagire è tipico per l’ideologia del genio, la parola „Augenblick“ è nata in questa epoca. Anche noi aspettiamo alla fine di questa conferenza un arrosto che si è formato bene, colla forza vitale dentro di se, tolto all’ attimo giusto. Buon appetito!
(La conferenza, organizzata dall’ Associazione Culturale Italo Tedesca di Siracusa, si teneva presso l’agriturismo Casedamma nei dintorni di Siracusa.)
1 Die Kunst das menschliche Leben zu verlängern von D. Christoph Wilhelm Hufeland der Arzneykunst ordentlichem Lehrer zu Jena. [Motto aus Egmont, Fünfter Aufzug, Gefängnis]: Süßes Leben! Schöne freundliche Gewohnheit des Daseyns und Wirkens! – von dir soll ich scheiden? Göthe. Jena, 1797. in der akademischen Buchhandlung (XXIV, 696 S.).
2 Makrobiotik oder die Kunst das menschliche Leben zu verlängern von D. Christoph Wilhelm Hufeland, Königl. Preuß. Staatsrath und Leibarzt. [Motto]: Süßes Leben! Schöne freundliche Gewohnheit des Daseyns und Wirkens! – von dir soll ich scheiden? Göthe. Erster (Zweiter) Theil. Fünfte vermehrte rechtmäßige Auflage. Berlin 1823. Gedruckt und verlegt bei G. Reimer. ( XXX, 256 S. und 360 S.).
Il libro è diviso in una parte teoretica ed in una parte pratica che citerò come I e II, le due sezioni della seconda parte pratica segnalerò come A e B, segue il numero del capitolo citato e la pagina.
3 Hufeland (1823) I/2, p. 59; I/6, p. 173 e II A/10, p. 96–100.
4 Geist der Kochkunst von Joseph König. Ueberarbeitet und herausgegeben von C. F. von Rumohr. [Motto:]Maximum hinc opus naturae ordiemur et cibos suos homini narrabimus – . Nemo id parvum ac modicum existimaverit, nominum vilitate deceptus. C. Plinii Sec. nat. hist. prooem. lib. XX. Stuttgardt und Tübingen, in der Cotta’schen Buchhandlung, 1822. (X. 202 S.); Zweite vermehrte und verbesserte Auflage. [Motto wie oben] Stuttgart und Tübingen, in der J.G. Cotta’schen Buchhandlung. 1832. ( XVI, 196 S.) . Nach der zweiten Auflage zitiere ich im Folgenden unter Angabe von Buch und Kapitel. Die beiden Originalausgaben sind über einen Sonderdruck der Reprintausgabe leicht zugänglich. Carl Friedrich von Rumohr: Geist der Kochkunst von Joseph König. Hildesheim u.a.: Olms 2005.