Carissimi soci e amici, il mese trascorso ha visto scorrere sul palcoscenico dell’Associazione, alcune tematiche fondamentali basate su due figure culturali del nostro recente passato: Thomas Mann e Domenico Ligresti. Un sommo scrittore della cultura tedesca e un grande storico della nostra terra. Di Domenico Ligresti – Mimmo per tutti gli amici che hanno avuto la fortuna di sentire le Sue lezioni come chi scrive – abbiamo ricordato l’ultima opera, il poderoso quanto vivace anuale di Storia moderna. Fu alla fine di marzo del 2014 che personalmente venne a proporcelo, nel quadro di un Suo pregevole studio sulla classe dirigente siciliana fra il “500” e il “700”, l’epoca da Lui preferita. A riproporre la Sua figura e le Sue opere, poi confluite nel Manuale, abbiamo avuto il piacere di ascoltare il Suo discepolo più fedele e nostro grande sostenitore, Gino Sanfilippo. Spaziando dalla riforma Protestante, alla guerra dei 30 anni fino a Federico di Prussia, i tre secoli dell’Età Moderna hanno visto la nascita delle nazioni tedesche e italiane, nonché il riconoscimento del Regno di Sicilia. Anzi, la lettura di Mimmo e di Gino ha visto la preminenza della continuità culturale del regnum Siciliae, dall’impero bizantino fino al regno normano. Ligresti addirittura pone sullo stesso piano il regno Normanno d’Inghilterra e quello di Ruggero D’Altavilla, ivi compreso lo stato meridionale di Federico di Svevia, su su fino al regno d’Aragona e al regno di Sicilia sotto la comune corona di Carlo V, dei vari Filippi di Spagna e di Carlo III di Borbone, già Carlo I re di Napoli e Sicilia e poi appunto Carlo III re di Spagna, il cui erede Ferdinando poi divenne il primo re delle due Sicilie. Anzi, questi tradì l’autonomia regia dell’isola, ottenuta da quasi 7 secoli e ormai considerata la sua peculiarità storica, certificata proprio dalla Costituzione liberale del 1812, concessa proprio da quel Ferdinando, ma poi cancellata dal congresso di Vienna che costituì il Regno delle due Sicilie, croce e delizia della nostra storia risorgimentale. Ma la storia del Ligresti non era soltanto storia politica, era anche e soprattutto storia sociale delle famiglie nobili e borghesi che hanno prodotto una classe dirigente apprezzata in tutte le fasi della storia siciliana, dalla guerra del Vespro, alla triste realtà economica del ‘600 spagnolo, fino al fiorente sistema agrario dell’età illuminista e poi al crescente regime mercantili e industriale dell’800 siciliano, non solo agrario e feudale, ma anche commerciale e capitalista nelle varie aree costiere, dove la produzione vinicola, olearia e dello zolfo aveva come interlocutore privilegiato perfino la classe importatrice anglosassone. In fondo, la storia della famiglia Florio di Palermo nulla ha di meno della famiglia Buddenbrook di Lubecca. E qui entra in gioco la seconda figura tratteggiata nel Nostro programma, il Thomas Mann del Doktor Faustus. Tutti i germi della decadenza della tipica famiglia commerciale del Nord Europa, vennero individuati dal Mann nel Suo famosissimo libro e ritorneranno quasi cinquanta anni dopo nel Doktor Faustus, il libro più inquietante dello scrittore tedesco. Sotto l’abile guida di Maria Grazia Seminara, nostra carissima guida nei meandri psicologici dello scrittore di Lubecca, abbiamo rivisto il cammino della borghesia tedesca. Il genio imprenditoriale fondato nella fede; l’inquietudine decadentista; la musica dodecafonica; il sorgere del nazismo e la catastrofica conclusione. E quattro furono i maestri di pensiero che hanno destato nel ‘900 Il mostro: Schopenauer, Nietzsche, Wagner, Freud. Senza contare i filosofi dell’eterno conflitto sociale, quali Adorno e Horkheimer; oppure i musicisti dodecafonici, cioè Schönberg, Webern e Berg. Ma il cammino della borghesia tedesca verso la catastrofe – e della famiglia Buddenbrook enblema della Germania guglielmina destinata al nazionalsocialista – non fu molto diverso da quello della famiglia Florio. Come i Buddenbrook, anche i Florio ebbero quattro generazioni, come attesta Orazio Cancila, spesso citato dal compianto Mimmo. Il genio commerciale, soprattutto della terza generazione – Vincenzo, il figlio Ignazio Senior, produttori del tonno sott’olio – seguiva lo stesso acume imprenditoriale del capostipite Paolo e del suo più famoso figlio, il Senatore Vincenzo, padre del Marsala e delle compagnie di navigazione che trasportavano lo zolfo su commesse inglesi. Il culmine della famiglia arrivò alle soglie del ‘900, al pari della famiglia di Thomas Mann a Lubecca. Poi, le nevrosi psicologiche, la caduta delle certezze di fede e la crisi della famiglia: il sorgere del profondo, spesso negato ma presente in ogni manifestazione culturale – l’atonalità nella musica ne era l’espressione – accoppiate alla crisi economica e all’apparire di nuovi classi all’orizzonte; furono le tragiche circostanze che produssero guerre, dittature, orrori e la fine della Kultur nazionale tedesca. Proprio Mann ne ebbe la consapevolezza, opponendosi, forse ingenuamente, alla Zivilisation di marca francese. A quella crisi di valori tradizionali, egli non seppe subito dare che una risposta apparentemente conservativa, temendone l’horror vacui e dichiarando orgogliosamente la sua impoliticità. Poi però, ebbe il coraggio di cambiare, di non disperare e si rivolse, dal 1919 in poi alla Germania in nome del cosmopolitismo di Goethe e Schiller. Noi abbiamo avuto dei suoi pari: Benedetto Croce e Altiero Spinelli su tutti, che proposero come Lui una Europa Unita nel nome dei Dante, Beethoven e Shakespeare. Altrimenti la follia nichilista dei Leverkuhn – alias Hitler, avrebbe avuto e avrà per sempre il sopravvento. E’ il tema che abbiamo più volte sfiorato quest’anno, da Ulrich Beck a Goethe e sul quale si ritornerà fra breve, dopo la parentesi – ma non sappiamo fino a che punto – di storia dell’arte. Il prossimo mese, fra Dürer ed i Monument’s Men, vedremo come l’eterno conflitto fra fanatismo e democrazia ha attraversato spesso la storia della nostra storia sociale.
Avv. Giuseppe Moscatt
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