Carissimi soci e amici, dopo la splendida conversazione di Fernando Gioviale su Richard Strauss; siamo arrivati a Goethe attraverso Ulrich Beck. Vale a dire il filosofo della globalizzazione e della nuova modernità passando, ovvero ripassando, Johann Wolfang von Goethe…. Rinviando alla ottima relazione di Salvatore Amato del 23-1-2015 – qui riportata in audio, insieme a quella di Gioviale – ci pare che i nostri studi abbiano prodotto un risultato: quanto sia foriera di false interpretazioni una traduzione superficiale di un pensatore ritenuto di spicco, ma forse mal tradotto. Ci spieghiamo: il titolo originale dato da Ulrich Beck al suo libro più significativo, Risikogesellschaft_Auf_dem_Weg_in_eine_andere_Moderne, edizione Surhkampf, 1986 – venne tradotto in inglese con la formula Risk society: towards a new modernity, edizione Sage, London, 1998. E poi la casa editrice Carocci nel 2000, si permise di tradurre La società del rischio, verso una seconda modernità. Subito ai nostri occhi è balzata l’evoluzione dell’aggettivo posto accanto a “modernità: “andere”, “new” e “seconda”, come se i termini adottati fossero dei puri sinonimi, mentre è evidente che ciascuno esprime un concetto eterogeneo. Il compianto Mimmo Ligresti – un amico sincero, da poco morto e che ricorderemo a marzo – in una delle sue lezioni di storia moderna che ebbi l’onore di ascoltare, invitava tutti i traduttori ad andare alla lingua originale, anche se spesso questa è operazione molto più difficile. E dunque “andere” vuol dire “altro, diverso”, magari “alternativo” oppure “presente in modo parallelo alla via operativa prescelta”, forse una opzione abbandonata perché poco remunerativa. Di ciò si era accorto ben presto Goethe, che alla modernità liberista e industriale preferì sempre la via antica dei valori e non la via facile della mercificazione della persona e del denaro che fa denaro, senza frontiere come predicava già Ricardo e le correnti moderne dell’economia di mercato franco-britanniche. Di questa via alternativa Goethe aveva maturato lo spirito cosmopolita che emergerà nei suoi ultimi pensieri e che Beck ha saputo cogliere come antidoto alla globalizzazione nello scritto profetico La società cosmopolita. Prospettive dell’epoca postnazionale, del 2003. Dunque un monito per i traduttori: per non essere tacciati di superficialità colposa, o peggio di inqualificabili compromessi e collaborazioni intellettualmente scorrette, andate alle fonti, studiate di più l’originale, evitate le false strumentalizzazioni e non fate più i “traduttori dei traduttori di Omero”, come disse Foscolo che di ciò accusò Monti. Eppure, anche Bloch – come ci diceva sempre Mimmo – attenzionava il falso, anche per ciò chiave del vero. E oggi, purtroppo, prevale anche l’impreciso e il non detto: come è avvenuto col film Storia di una ladra di libri, di Brian Percival, tratto da libro omonimo pluripremiato nel 2014, dove la regia e la sceneggiatura per esigenze tecniche hanno tagliato a man bassa la struttura del testo. Questa esigenza è stata sempre presente e già Goethe – ma anche Leopardi, von Platen e Wenders, solo per citare autori che abbiamo già frequentato – soffrì di tagli e censure, come vedremo in occasione dell’unica Sua commedia leggera, Il gran Cofto, del 1789, quando era direttore del teatro di Weimar. Osservazioni critiche che ci hanno colpito presentando un volumetto come premessa del pensiero di Beck, Il prezzo della crescita. Opera ben curata da Paolo Pantano, edito dalla Verbavolant, casa editrice locale, nel lontano 2005, ma che le recenti discussioni dopo la morte di Ulrich Beck hanno riportato nuovamente in primo piano. La rilettura nel momento di crisi economica attuale delle pecche della società globalizzata, cosciente della propria povertà, in contraddizione con la prodigiosa crescita della propria ricchezza, ha generato le riflessioni dell’agile libretto. Dove i costi della crescita economica, l’impatto dei trasporti sulla natura, lo sviluppo sostenibile, l’energia e l’architettura, vengono approfondite in chiave ecologica. Qui, tute le ricostruzioni di Beck sulla società del rischio e sulla soluzione di una nuova politica cosmopolita, ci stanno perfettamente ma anche ci sta il maestro Goethe, quando con la metafora della pianta archetipa distinse “rivoluzione” da “evoluzione”, quando gli eccessi del 1789 stravolsero le illusioni illuministe. Del resto, proprio nella poesia apologetica L’apprendista stregone, il Nostro aveva stigmatizzato come la filosofia del progresso lineare della società era collegata ad accelerazioni piene di lacrime e sangue. Con la prossima conversazione di febbraio sul Viaggio in Sicilia di Roberto Zapperi ne vedremo di valutazioni sula nostra isola sorprendentemente attuali.
Avv. Giuseppe Moscatt
CONFERENZA PROF. AMATO 23-01-2015 |
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CAFFE LETTERARIO DEL 14-01-2015 |
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