Relazione di giugno

Carissimi soci e amici, quando Volker Hoffmann, emerito e insigne docente di germanistica dell’ Università di Monaco di Baviera, mi propose questo autore per studiarlo insieme in questa primavera, ne rimasi perplesso. Come molti intellettuali italiani, ne avevo una immagine confusa, sia sul grado di poetica, che sul periodo storico e sulle opere. Sapevo stento di una sua lunga novella, o meglio di un suo racconto fantastico, La meravigliosa storia di Peter Schlemihl, datata 1813, nulla di più. Poi, ho cominciato a rileggere il testo, nell’ottima traduzione di un dimenticato, ma sempre puntuale e recuperabile Gian Antonio Borgese , che nel 1914, sul percorso tracciato nel 1911 dal suo grandissimo suocero, Thomas Mann, a 100 anni dalla sua pubblicazione, ne scoprì le segrete fila. Voi sapete quali grandi scrittori hanno attinto alla figura dell’ombra, che è venduta dal protagonista, appunto Peter Schlemihl, al diavolo in cambio di un sacchetto inesauribile di monete d’oro. Salta subita l’analogia col quasi coevo Faust di Goethe. Ma qui, c’é una variante: Goethe fa accettare a Faust il baratto con l’anima, mentre Peter rifiuta di dare l’anima e cede solo l’ombra. In fondo, Chamisso crede di cedere di sé una parte secondaria, l’ombra, perché crede semplicisticamente che dare una parte interiore del sé, non intacchi l’anima, che questa è parte integrante del corpo e dunque è incedibile, mentre l’ombra gli pare superflua. E’ come quando accettiamo un compromesso con la coscienza per avere un vantaggio in società. Poi, lungo il racconto, Peter se ne pentirà amaramente: essere senza ombra lo renderà un animale misterioso, un uomo che ha perso la propria personalità, un reietto sociale, un poveretto vittima di tutti e di tutto. Il denaro non gli basta e soffrirà tanto. Molto stimolanti saranno le avventure e le trame fantastiche che lo avvolgeranno, fino a rimpiangere quella parte di sé. Ma non gli sarà ancora sufficiente per riemergere dal profondo della crisi. Solo un amico fedele, un misero servitore, gli farà un dono che lo riporterà alla vita, gli stivali delle sette leghe, che gli consentiranno di girare il mondo. Il mondo romantico fu scosso da questo racconto: per la prima volta l’inconscio e la doppiezza della personalità umana appariva nella sua più ampia manifestazione. Eppure, la letteratura e l’arte italiana avevano già parlato di ombra e basterà citare Dante e la Commedia; e Leonardo, nel mondo dell’arte, aveva detto: ombra è privazione di luce. Mi sembra che le ombre siano indispensabili per la prospettiva dal momento che senza di essa mal si comprendono i corpi e i volumi. Chamisso interpreta alla maniera romantica queste verità artistiche, perché rilegge l’uomo nella sua unità, una totalità inscindibile fra uomo e ombra e che liberarsi dell’uno o dell’altra, non solo lo condurrà ad una vita frammentaria – come i primi romantici ribelli avevano proclamato – ma anche che l’anima senza ombra ci rende la coscienza infelice. La disperazione del Dr. Jekyll che si vede prevaricato da Mr. Hyde; di Joseph K. che si vede sotto processo senza capire perché; il dolore e il senso di vuoto di Mattia Pascal, sono i lasciti letterari di Chamisso. E il Visconte dimezzato di Calvino? E l’alienato di Marx? E il represso di Freud? Il dimezzamento dell’uomo dopo il Peter di Chamisso ha invaso la letteratura prima, la storia poi, aprendo un fronte nella psicoanalisi e ci fa ancora riflettere sull’uomo di oggi, dilaniato fra stadio estetico e stadio etico, come direbbe Kierkegaard. Piuttosto, alla luce delle positive note finali del racconto, un’altra parte del messaggio di Chiamisso andrebbe ripresa: non cedere neppure di un briciolo in cambio del potere in questo mondo. Dice semplicemente Chamisso al termine del racconto: se venderete parte di voi stessi, mentirete e reciterete sempre una parte diversa con gli altri e peggio anche con voi stessi. E se direte, anche a voi questo messaggio e lo proclamerete con la dovizia estetica di Chamisso, che descrive immagini insuperabili – per sempre, quando il diavolo solleva, arrotola e piega l’ombra come un tappeto – allora una una carriera per voi sarà aperta, quella di scrittore e di sentinella e di vita di ogni tempo e di ogni secolo, diverrete classici e romantici contemporaneamente, con buona pace di Lessing, Schiller e Goethe. E nella molteplici letture del patto di Peter col diavolo, Volker Hoffmann ne dà una in linea con quanto premesso: la stretta connessione fra Peter e il diavolo – quasi che questo altro non sia che Peter un pò invecchiato – Gli fa sospettare che le due parti siano proprio una sola persona, il genio romantico di Kant, Beethoven e Goethe. Quel genio fin dalla nascita che non ha bisogno di un altro seduttore, perché il diavolo sta nel genio. Hoffmann cioè crede che il diavolo sia una finzione estetica, il fantasma della deviazione che scaturisce dalla secolarizzazione dell’Illuminismo, e che funge nella novella come figura drammatica, come espediente letterario che giustifica la devianza borghese del protagonista e rasserena i dubbi e le paure del lettore. Ma questo genio, buono e maledetto allo stesso tempo, ha dei limiti? C’è qualcosa che impedisce a Peter di dominare il mondo? Sì, lo stivale delle sette leghe non gli potrà mai fare capire che cosa muove il mondo, ma soltanto come si va nel mondo. I limiti della scienza, dunque, e una forza oscura che lo guida: il Destino, quel fato che Kant individua, ma non spiega e Hegel qualifica come Spirito, tentando di esorcizzarlo. Quel Destino che impedirà a Beethoven di sposare la sua amata immortale, come recita il titolo del film del mese, storia emblematica della genesi, sviluppo e fine della parabola romantica. Con il mese di giugno, l’Associazione si prende un periodo di riposo. Riprenderemo alla metà di settembre proprio con un salto nella cultura scientifica del ‘900, attraverso la figura del fisico Werner Heisenberg. Buone vacanze estive.                                                                       Avv. Giuseppe Moscatt

CONFERENZA PROF.HOFFMANN
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CAFFE LETTERARIO DEL 3-06-2014
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