Vienna, Era nato a febbraio, il nove del 1931, morì a febbraio, il 12 del 1989. Lui, Thomas Bernhard, è il principale scrittore austriaco e probabilmente il massimo autore del secondo Novecento della letteratura di lingua tedesca. Era nato in un paesino olandese, dove la madre si era recata per metterlo al mondo lontano dai perfidi pettegolezzi della gente poiché non era sposata. E quel figlio proprio non lo avrebbe voluto. Assomigliava troppo al padre, che l'aveva ripudiata e che se ne era fuggito dall'Austria pur di non assumersi le sue responsabilità. Nei suoi scritti autobiografici – quattro volumi, tra i più intensi – Bernhard ricorda che la madre gli faceva annusare il lenzuolo bagnato di pipì che poi stendeva come ulteriore obbrobrio. La bilancia della felicità doveva essere riequilibrata dalla presenza del nonno materno, una persona veramente eccezionale, scrittore, socialista nell'Austria bigotta, clericale e fascista di Dollfuss e poi nazista e di nuovo bigottamente democratica per forza. Quella presenza, forte, protettiva e incoraggiante lo sostenne per l'infanzia, l'adolescenza, la prima giovinezza, lo incitò a non abbandonare gli studi, a impegnarsi nell'esercizio della musica, a reagire alla cappa di plumbeo conformismo che connotava la società e la cultura austriaca del tempo. Morì che Thomas era ricoverato in una clinica con la prospettiva di una morte per tubercolosi. E invece reagì, sopravvisse e scrisse, per decenni finché la morte non venne a portarselo via prematuramente 25 anni or sono. Sopravvisse anche grazie a Hedwig Stavianicek, una vedova, anche lei ricoverata, di 36 anni più anziana, con cui lo scrittore stabilì un sodalizio così intenso che volle essere sepolto nella tomba degli Stavianicek. Questi legami aiutano a capire il mondo complesso e oscurato dello scrittore: il suo legame con la senilità, con valori senili in antitesi con il giovanilismo superficiale e consumistico della nostra società. Dal Settecento l'Occidente idolatra il corpo giovane, la prestanza fisica, la presunta ingenuità, bontà e sincerità del giovane, anche se dopo Freud tale mito si è ridimensionato. Pur radicalmente anticlericale, Bernhard aderisce e rinnova la grandiosa tradizione austriaca del barocco, ripropone nei suoi romanzi, nei suoi drammi, nelle sue poesie la contemplazione della morte come quel limite che è la pietra di paragone per i valori autentici della vita, della civiltà, della società. La sua scrittura diventa aggressiva, caustica, spietata quando si tratta di opporsi al conformismo che in Austria era rappresentato dal blocco storico formato dai nazisti, che nel 1945 si erano fulmineamente riciclati in clericali. L'esempio massimo era il convitto nazista, il famigerato "Johanneum", dove subito dopo la fine del conflitto il crocefisso sostituì i ritratti del Führer, che – non dimentichiamo – era un austriaco. E tutto il culto nazista della giovinezza si scontra con la concezione morale, austera dello scrittore che trasforma i suoi romanzi e drammi, per altro avvincenti, dallo stile reiterativo degli incantamenti, in appassionate e taglienti prediche morali. Nel 1968 al conferimento di un premio, tenne un discorso polemico, provocatorio che gli valse denunce e critiche aspre, in cui confessò il nucleo incandescente della sua poetica, della sua fede: «Diventa tutto ridicolo se si pensa alla morte» e proseguì, con maggiore estremismo, affermando che gli austriaci erano: «creature dell'agonia». In ciò affiora tutta la sua ambivalenza: l'Austria è il paese dell'ipocrisia e per questo della morte, ma di una morte che è violenza e soffocamento, mentre per lui la morte è anche quella struggente tensione verso la perfezione artistica irraggiungibile in vita. In ciò Bernhard si colloca nel solco del romanticismo, un romanticismo, inteso, di nuovo, come rifiuto della modernità quale volgarità e dolore. E questo suo conflitto con la sua terra e la sua società giunse al punto che nel testamento proibì che i suoi drammi venissero rappresentati nel suo paese e che i libri fossero pubblicati da case editrici austriache, creando così un enorme scandalo e sconcerto, mitigato dalla volontà del fratello Peter Fabjan, che ha contribuito a creare l'«Internationale Thomas Bernhard Gesellschaft». Questa associazione si prefigge di mettere in scena i suoi drammi alla condizione che non siano mai presenti politici e notabili austriaci. Niente male come compromesso, come si vede la "casta" non è un'esclusiva nostrana.Eppure nulla è più austriaco di Bernhard, della sua scrittura. E' lui – certo anche con Ingeborg Bachmann, a cui era unito da una profonda amicizia, e a Peter Handke – il campione della differenza tra la letteratura tedesca e quella austriaca. Vienna rivive nei suoi romanzi come non mai. Le strade, i viali, i caffè, ecco la sua topografia letteraria. Si entra nel Café Bräunerhof e si incontra una sua immensa, stupenda foto, si apre il piccolo quaderno del menù e si legge, come motto, una sua frase. Nulla di più ironico? Nulla di più austriaco.