Carissimi soci e amici, anche la nostra Associazione deve porsi la questione della rilettura critica del Risorgimento a più di 150 anni dall'Unità. E lo fa – dopo un non dimenticato nostro doppio appuntamento con Mazzini e i Savoia nei confronti della Germania di qualche anno fa – presentando l'ultima fatica di un nostro concittadino, Salvatore Santuccio, che ha scritto di recente su Emanuele Francica Barone di Pancali (1783 -1868), un protagonista del Risorgimento siciliano (verbavolant editore, Siracusa, 2012). Santuccio rappresenta in questo agile libretto il senso di rinnovamento della critica storica sull'attività rivoluzionaria di pochi uomini decisi lungo i primi decenni dell''800, dove l'elemento della coesione intellettuale divenne il fulcro di tali iniziative. Democratici e liberali, dunque, anche con la presenza di cattolici, coinvolsero tante località siciliane nel comune intento unitario rivolto alla nascita della Nazione. Queste forze, prima da sole – come nel '20 e nel '37, poi unite nel '48 e infine nel ' 60 – ebbero nel Crispi e nel Cordova, ma anche nel Pancali dei protagonisti eccezionali, che pagarono con la vita e con la prigione, o nell'esilio, l'idea di indipendenza, di unità e di libertà, che infiammarono ampie fasce della società borghese di tutta Europa, come avvenne per Pancali e per lo stesso Wagner, che fu presente sulle barricate a Lipsia nel '49 contro le armate reazionarie prussiane. Ma dopo il 17-3-1861, la date fatidica fondativa dello Stato Unitario, gli eroi di Calatafimi, del Volturno, come già i rivoluzionari di Weimar e Francoforte, dovettero abbandonare gli ideali romantici e pensare alla costruzione del nuovo stato,ovvero a creare quella rete di interessi industriali e commerciali che assorbirono, piuttosto che integrare, la fiorente industria manifatturiera del Sud, provocando quella divaricazione socioeconomica del paese che ancora soffriamo. Ci piace accomunare il protagonista del film Noi credevamo di Martone al nostro Pacali, quando quel personaggio in tuba e marsina, sconsolato e nostalgico, sfiduciato e disilluso, vagava fra i banchi del parlamento a Torino, quando rimpiangeva quello che era stato fatto con dolore e morte. Lo stesso sentimento di impotenza pervase il Pancali, ritornato a Siracusa nel 1865, ormai capoluogo del Regno d'Italia, amareggiato per la perdita della sue proprietà, forse ancora stimato dai fratelli massoni, ma lontano da quella società liberale e romantica che aveva vagheggiato. Siracusa, purtroppo, era rimasta colpito dalla crisi della economia portuale e della piccola impresa agricola, una delle poche oasi di sviluppo nella stagnante realtà produttiva borbonica. Non vorremmo che la disillusione della classe dirigente unitaria fosse un sentimento ancora presente, alla luce delle odierne vicende politiche…. Ma ascoltiamo ora Santuccio.
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