Conferenza del 28 settembre

Carissimi soci e amici,  venerdì 28 settembre scorso abbiamo parlato di Manfredi e Corradino, ultimi Re Svevi di Sicilia. Purtroppo, la programmata relazione in materia dell’avv. Enzo Faraone è stata rinviata al 16 p.v. per improvvisi e concomitanti impegni di lavoro del professionista, cui vanno i nostri auguri di buon lavoro e un sentito arrivederci. Quanto a Manfredi e Corradino, ascolterete un quadro storico e complesso: il Papato e l’Impero, i Comuni ed il regno di Sicilia e del Sud, i quattro soggetti politici del XII secolo in perenne lotta fra loro, in un momento storico di emersione di nuove forze sociali, dove la nascente borghesia mercantile nord europea – rappresentata dai mercatores della Normandia di Carlo d’Angiò e dai mercanti ebrei del Mare del Nord – cominciava a divenire la classe dirigente dell’imminente umanesimo. Manfredi e Corradino rappresentavano, invece, l’ultima frontiera del vecchio impero carolingio, quel fronte ghibellino cui Dante eleverà un commosso commiato spirituale dalle pagine della sua “Commedia”. Scontro di classi e di potere, dunque: da una parte la vecchia cavalleria nobiliare, titolare delle terre feudali, che teneva in scacco il sempre più debole impero degli Hohenstaufen; dall’altra la borghesia mercantile comunale e professionale che andava a conquistare la supremazia politica nelle ricche città del Nord Italia. In mezzo, la chiesa dei Papi di Roma, opportunistica e più affamata di potere terreno che di crescita spirituale, invocata dal nascente francescanesimo. A sud, i nobili feudatari, spesso traditori del Re: si pensi a Ezzelino da Romano, ghibellino nelle forme, signorotto nella sostanza, nemico di Manfredi; oppure, il Frangipane, signore del Lazio, il nobile che consegnerà Corradino alla scure di Carlo d’Angiò. Interessante la figura di quest’ultimo Re: promotore della borghesia imprenditoriale non più curtense, ma commerciale; spregiudicato alleato di Clemente IV, il Papa fautore del rilancio del potere temporale dopo la lunga lotta con Federico II e i suoi eredi; Carlo d’Angiò ereditava il Regno di Federico e ne attuava tacitamente le leggi federiciane, fino a perpetuarne il potere anche a discapito della stessa chiesa. Di qui, i Vespri Siciliani: moto del popolo siciliano, nella prima fase, ma poi gestito dalla nobiltà, oppressa dal fiscalismo francese, coinvolto nei prodromi della guerra di cent’anni con il Regno d’Inghilterra. Non ne uscirà bene il Papato, a conferma del suo ruolo di ago della bilancia nella costruzione dello stato unitario, anzi vivacemente portatore di istanze frazionistiche nella penisola, contrastando il processo di unificazione avviato nelle altre nazioni europee. Neppure ne uscì bene la Germania, del pari dell’Italia, divisa in mille principati, lontana dal medesimo processo di formazione delle monarchie nazionali che nel XIV e XV secolo raggiungeranno il loro traguardo. Manfredi e Corradino – nonché Arrigo VII, ultimo imperatore carolingio, amato da Dante – pagheranno con la vita il loro sogno imperiale. Ma andiamo ora alle loro gesta.

AUDIOCONFERENZA

 

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