Conferenza del 10 giugno 2012

A conclusione del primo semestre di attività, domenica 10 giugno l’Associazione ha presentato una singolare pubblicazione, “La cultura scientifica nella Sicilia borbonica”, su progetto della Presidenza della Regione Siciliana (ed. Maimone, Catania, 2011). Relatori, il Prof. Domenico Ligresti, curatore della raccolta di saggi ed il dott. Luigi Sanfilippo, autore del saggio “Benedettino e scienziato: Giacomo Maggiore a San Nicolò l’Arena (1812 -1848)”. Domenico Ligresti – ordinario di Storia moderna della Sicilia alla Facoltà di Scienze Politiche – ha preliminarmente chiarito come gli appellativi “Scienza” e “Scienziati” vanno interpretati alla luce del contesto culturale dell’epoca, vale a dire la prima metà dell’’800e soprattutto a partire dagli anni ’30, quando la classe intellettuale iniziava ad assumere il ruolo di classe dirigente più tecnicamente evoluta, idonea a fungere da punta di diamante prima durante il Risorgimento, poi come espressione della borghesia dominante nell’Italia Unita. Il relatore ha evidenziato la trasformazione della specializzazione scientifica per materia, intervenuta a fine ‘700, quando dai tronconi tradizionali – matematica, medicina e botanica – cominciarono a germinare nuove discipline che nell’’800 troveranno adeguata dignità accademica, fino a trionfare a fine ‘800 nell’ambito della riforma delle cattedre universitarie di Catania, Palermo e Messina. Da qui un’ampia galleria di personaggi che operavano in campi multiformi: la zoologia e la botanica nel solco del Linneo; fino alla geologia, nel quadro delle indagini di Waltershausen, insigne geologo di Berlino, che nel 1880 pubblicherà la più importante ricerca sull’Etna – “Der Ätna” – tradotta in italiano soltanto da poco tempo. In applicazione a queste interessanti premesse, Luigi Sanfillippo le ha attuate e vivificate nella persona di Giacomo Maggiore, canonico, botanico e naturalista, benedettino e scienziato, religioso aperto alla ricerca scientifica, ma anche politicamente impegnato nei moti politici del ’48. Fu una figura particolarmente interessante, emblematica della  nuova classe borghese che andava formandosi nel fervore di rinnovamento culturale a metà ottocento, molto legato all’accademia di Berlino e per di più fra i fondatori dell’accademia Gioenia di Catania. Traspare da questi interventi – e dai 13 saggi che compongono il libro – la scelta di contestare lo spirito idealistico anticulturale siciliano e borbonico che Gentile e Croce eserciteranno nei primi anni del ‘900, i quali videro nello stato delle due Sicilie “la negazione concreta della civiltà”, tanto per parafrasare una nota dichiarazione del liberale Gladstone. Piuttosto, la progressiva descrizione della faticosa emersione degli scienziati siciliani fra il Congresso di Vienna e l’impresa garibaldina, costituirebbe un termometro della realtà culturale del regno borbonico. Certamente, il data base regionale, dove sono state raccolte le schede di tutti gli scienziati italiani e stranieri oggetto della ricerca, quando sarà reso accessibile a tutti gli studiosi, sarà termine di confronto e di indagine fondamentale per decostruire il castello idealistico. Ma vediamo dal vivo le due relazioni.

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